L’Oro ai tempi del Coronavirus

L’epidemia scaturita dal diffondersi del Coronavirus ha determinato inevitabili ripercussioni sull’economia globale. In particolare tale aspetto è riscontrabile nel commercio dell’oro il cui prezzo è strettamente interconnesso ad una serie di fattori geo-politici ed economici la cui variazione determina l’incremento o la diminuzione del suo valore. In una situazione emergenziale come quella attuale gli investitori, soliti acquirenti di beni rifugio, hanno inizialmente prediletto l’investimento sull’oro piuttosto che su beni quali petrolio e rame. I primi sentori di un forte contagio in Europa da Covid-19 risalgono al 19 febbraio, data a partire dalla quale gli investitori hanno venduto gli asset finanziari considerati rischiosi, quali le azioni, ed acquistato beni rifugio.

La banca d’affari americana Goldman Sachs, analizzando l’andamento storico del petrolio e dell’oro, aveva già stimano e previsto ad inizio anno, prima dello scoppio della pandemia, un rialzo per il metallo giallo oltre i 1.600 dollari. Gli analisti di Goldman Sachs stimano inoltre che qualora la diffusione virale dovesse protrarsi per tutto il secondo trimestre dell’anno in corso i prezzi dell’oro potrebbero giungere fino a 1.850 dollari l’oncia.

A fine febbraio le quotazioni dell’oro si sono aggirate intorno ai 1.690 dollari l’oncia, soglia massima raggiunta negli ultimi 7 anni. L’oro da investimento è, difatti, il più classico dei beni rifugio sul quale allocare i propri risparmi e/o capitali in quanto ritenuto da sempre non soggetto ne’ a forti speculazioni ne’ a drastiche e svantaggiose svalutazioni. Gli investitori sono dunque ricorsi all’acquisto dell’oro fino al 9 marzo 2020 facendo così giungere la quotazione addirittura oltre i 1.700 dollari.

L’assenza di una strategia globale contro il Covid-19, oltreché la crescente volontà di monetizzare le posizioni in oro, hanno indotto gli investitori a vendere in maniera massiva il metallo giallo, tanto da chiudere la settimana 9-13 marzo con un calo superiore all’8%, segnando la settimana peggiore degli ultimi 37 anni e tornando sotto la quota dei 1.500 dollari

. Nei momenti di maggiore incertezza e preoccupazione quali quelli attuali, il panico innesca una vera e propria caccia alla liquidità: i privati si vedono costretti a vendere i gioielli di famiglia, mentre le imprese prosciugano le linee di credito presso le banche. L’oro, benché liquido, non è denaro contante ed è per questo che il dollaro, differentemente dall’oro, ha visto nella settimana dal 9 al 15 marzo il miglior risultato dai tempi del collasso di Lehman Brothers del 2008.

L’impatto del coronavirus sull’economia ed il mercato internazionale sarà significativo: in merito alle ripercussioni sul mercato dell’oro J. Teves, strategist presso UBS, sostiene che lo scenario per il metallo prezioso resterà positivo per il primo semestre, mentre il secondo potrà essere soggetto ad una correzione che ne comporterà una leggera diminuzione del valore

. UBS sostiene che il prezzo dell’oro, una volta terminata l’emergenza pandemica, sarà sì soggetto ad oscillazioni ma non si abbasserà più di tanto. L’oro dunque è, e continuerà ad essere, il bene rifugio per eccellenza.